"Non voglio suicidarmi, mi sono dato fuoco come fanno i buddisti in Vietnam, per protestare contro quel che succede qui, contro la mancanza di libertà di parola, di stampa e di tutto il resto".
Queste sono le parole che Jan Palach ripete al personale dell'ospedale in cui viene ricoverato. Tre giorni dopo, il 19 gennaio, muore.
Palach nasce l'11 agosto 1948 a Vsetaty, a 40 Km da Praga. Il padre, Joseph, anticomunista e membro del Partito Socialista, gli trasmette la passione per la storia, la letteratura e la coerenza morale. Jan e' battezzato nella Chiesa evangelica frequentata dalla madre. Dopo il ginnasio si iscrive prima alla facoltà di economia, poi a quella di filosofia dell'Università Re Carlo di Praga. Sostiene la stagione riformista del suo Paese ("La Primavera di Praga" del 1968), partecipa alle speranze e agli entusiasmi della grande maggioranza dei cecoslovacchi e di molti cittadini degli altri paesi del blocco sovietico. In quei mesi interviene agli incontri, alle assemblee e a tutti gli spazi di libertà che si aprono nella società civile.
Ben presto tuttavia la stagione delle riforme viene brutalmente interrotta: il 21 agosto 1968 le truppe del patto di Varsavia invadono la Cecoslovacchia. Viene annullata la libertà di stampa, limitati il diritto di riunione e di sciopero.Tutte le manifestazioni antisovietiche sono duramente represse. Fallisce anche lo sciopero del CASP (Comitato d'azione studenti praghesi) del 18 novembre che non ottiene l'appoggio della maggioranza della popolazione, scoraggiata e impaurita. Di fronte alla drammaticità della situazione, Jan inizia a progettare un'azione dimostrativa dirompente.
A Natale incontra la sua maestra delle elementari le parla della delusione "per il torpore che ha preso la società cecoslovacca e della necessità di ridestarla". Il 6 gennaio 1969 scrive una lettera al leader studentesco Lubomir Holecek, in cui lancia l'idea di occupare l'edificio della Radio cecoslovacca a Praga tramite un blitz di studenti per invitare i cittadini allo sciopero contro la censura. Dieci giorni dopo, il 16, scrive 4 lettere di addio, firmate "la prima fiaccola", indirizzate all'Unione scrittori, a Holecek, all'amico Ladislav Zizka. La quarta sarà ritrovata nella sua borsa sui gradini del Museo nazionale in piazza San Venceslao, di fronte al Palazzo Federale, simbolo del potere statale.
"Poiché i nostri popoli sono sull'orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Poiché ho avuto l'onore di estrarre il numero 1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia umana. Noi esigiamo l'abolizione della censura e la proibizione di "Zpravy" ( Notiziario delle forze di occupazione sovietiche). Se le nostre richieste non saranno esaudite entro cinque giorni, il 21 gennaio 1969, e se il nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno sciopero generale e illimitato, una nuova torcia s'infiammerà."
Nel pomeriggio il tragico epilogo. Prima di morire, nei rari momenti di lucidità, chiede che gli leggano i giornali, per sapere se il governo abbia accettato qualcuna delle sue richieste.
La camera ardente, allestita nella facoltà di filosofia, diviene meta incessante del pellegrinaggio non solo dei praghesi, ma di tutta la nazione. Il 25 gennaio, giorno dei funerali, una marea silenziosa partecipa commossa all'ultimo saluto al giovane con cui ha condiviso il sogno di libertà.
16-01-1969 / 16-01-2021: NEL TUO RICORDO JANUS!
Riportiamo il testo di una canzone SIMBOLO PER NON DIMENTICARE MAI
Se per caso una mattina, ti svegliassi
e trovassi per le strade i carri armati
e per la tua rabbia non avessi che dei sassi
ragazzo dimmi, dimmi, tu cosa faresti?
Se per caso ti trovassi solo
solo davanti ai rossi cingolati
e vedessi la tua casa rasa al suolo
ragazzo dimmi, dimmi, tu cosa faresti?
E se sentissi il pianto di tua madre
se sentissi l'odore di illusioni bruciate
e se sentissi una voce che ti chiama dalle barricate
ragazzo dimmi, dimmi, tu cosa faresti?
E se ti accorgessi che tutto è stato inutile
e se ti accorgessi che tutto è stato vano,
che oramai più nessuno verrà a darti una mano
ragazzo dimmi, dimmi, tu cosa faresti?
E se ti accorgessi che ormai non c'è più speranza
e se ti accorgessi che era solo un'illusione
e che d'ora in poi la tua vita sarebbe stata la prigione
ragazzo dimmi, dimmi, tu cosa faresti?
E se capissi che proprio è la viltà,
la sporca paura di perder la tranquillità
ciò che li aiuta a rubare la tua libertà
ragazzo dimmi, dimmi, tu cosa faresti?
Se vedessi il sole illuminare il cielo rosso,
se vedessi la tua gente vagare per le città
e capissi che proprio quella è la fine della libertà
ragazzo dimmi, dimmi, tu cosa faresti?
Anch'io fuggii! Anch'io ebbi paura,
vedendo i carri armati e la mia gente alla sventura.
Tornai a casa camminando tra le macerie delle strade,
scrissi quattro righe agli uomini e a mia madre:
"Domani me ne andrò! A morire per la strada.
Morirò perché il mondo si ricordi di Praga."
Tornai in quella piazza il giorno dopo
e senza parlare donai il mio corpo al fuoco.
Non so se fu coraggio o se fu paura
non se fu pazzia o se fu viltà,
ma credimi ragazzo una cosa è sicura
non avrei potuto vivere senza libertà
no, no non si può vivere senza libertà
oh no, oh no non si può vivere senza libertà
(ZPM)
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