mercoledì 29 luglio 2020

SCOLPITELO NELLA PIETRA !!


TESTAMENTO DI BENITO MUSSOLINI 

Nessuno che sia un vero italiano, qualunque sia la sua fede politica, disperi nell'avvenire. Le risorse del nostro popolo sono immense. Se saprà trovare un punto di saldatura, recupererà la sua forza prima ancora di qualche vincitore. Per questo punto di fusione io darei la vita anche ora, spontaneamente, qualunque sia purchè improntato a vero spirito italiano. Dopo la sconfitta io sarò coperto furiosamente di sputi, ma poi verranno a mondarmi di venerazione. Allora sorriderò, perchè il mio popolo sarà in pace con se stesso.
Il lavoratore che assolve il dovere sociale senz'altra speranza che un pezzo di pane e la salute della propria famiglia, ripete ogni giorno un atto di eroismo. La gente del lavoro è infinitamente superiore a tutti i falsi profeti che pretendono di rappresentarla. I quali falsi profeti hanno buon gioco per l'insensibilità di chi avrebbe il sacrosanto dovere di provvedere. Per questo sono stato e sono socialista. L'accusa di incoerenza non ha fondamento. La mia condotta è sempre stata rettilinea nel senso di guardare alla sostanza delle cose e non alla forma. Mi sono adattato socialisticamente alla realtà. Man mano che l'evoluzione della società smentiva molte delle profezie di Marx, il vero socialismo ripiegava dal possibile al probabile. L'unico socialismo attuabile socialisticamente è il corporativismo, punto di confluenza, di equilibrio e di giustizia degli interessi rispetto all'interesse collettivo.
La politica è un'arte difficilissima tra le difficili perchè lavora la materia inafferrabile, più oscillante, più incerta. La politica lavora sullo spirito degli uomini, che è una entità assai difficile da definirsi, perchè è mutevole. Mutevolissimo è lo spirito degli italiani. Quando io non ci sarò più, sono sicuro che gli storici e gli psicologi si chiederanno come un uomo abbia potuto trascinarsi dietro per vent'anni un popolo come l'italiano. Se non avessi fatto altro basterebbe questo capolavoro per non essere seppellito nell'oblio. Altri forse potrà dominare col ferro e col fuoco, non col consenso come ho fatto io. La mia dittatura è stata assai più lieve che non certe democrazie in cui imperano le plutocrazie. Il fascismo ha avuto più morti dei suoi avversari e il 25 luglio al confino non c'erano più di trenta persone.
Quando si scrive che noi siamo la guardia bianca della borghesia, si afferma la più spudorata delle menzogne. Io ho difeso, e lo affermo con piena coscienza, il progresso dei lavoratori. Tra le cause principali del tracollo del fascismo io pongo la lotta sorda ed implacabile di taluni gruppi industriali e finanziari, che nal loro folle egoismo temevano ed odiano il fascismo come il peggior nemico dei loro inumani interessi. Devo dire per ragioni di giustizia che il capitale italiano, quello legittimo, che si regge con la capacità delle sue imprese, ha sempre compreso le esigenze sociali, anche quando doveva allungare il collo per far fronte ai nuovi patti di lavoro. L'umile gente del lavoro mi ha sempre amato e mi ama ancora.
Tutti i dittatori hanno sempre fatto strage dei loro nemici. Io sono il solo passivo: tremila morti contro qualche centinaio. Credo di aver nobilitato la dittatura. Forse l'ho svirilizzata, ma le ho strappato gli strumenti di tortura. Stalin è seduto sopra una montagna di ossa umane. E' male?  Io non mi pento di avere fatto tutto il bene che ho potuto anche agli avversari, anche nemici, che complottavano contro la mia vita, sia con l'inviare loro dei sussidi che per la frequenza diventavano degli stipendi, sia strappandoli alla morte. Ma se domani togliessero la vita ai miei uomini, quale responsabilità avrei assunto salvandoli? Stalin è in piedi e vince, io cado e perdo. La storia si occupa solamente dei vincitori e del volume delle loro conquiste ed il trionfo giustifica tutto. La rivoluzione francese è considerata per i suoi risultati, mentre i ghigliottinati sono confinati nella cronaca nera.
Vent'anni di fascismo nessuno potrà cancellarli dalla storia d'Italia. Non ho nessuna illusione sul mio destino. Non mi processeranno, perchè sanno che da accusato diverrei pubblico accusatore. Probabilmente mi uccideranno e poi diranno che mi sono suicidato, vinto dai rimorsi. Chi teme la morte non è mai vissuto, ed io sono vissuto anche troppo. La vita non è che un tratto di congiunzione tra due eternità: il passato ed il futuro. Finchè la mia stella brillò, io bastavo per tutti; ora che si spegne, tutti non basterebbero per me. Io andrò dove il destino mi vorrà, perchè ho fatto quello che il destino mi dettò.
Non è la fede che arriva nell'ora del crapuscolo quella che mi sostiene, è la fede della mia infanzia e della mia vita che mi impone di dover credere, anche quando avrei diritto di dubitare. Non so se questi miei appunti saranno mai letti dal popolo italiano; vorrei che fosse così, per dargli la possibilità di raccogliere in confessione di fede il mio ultimo pensiero. Non so nemmeno se gli uomini mi concederanno il tempo sufficiente per scriverli. Ventidue anni di governo non mi rendono probabilmente degno, a giudizio umano, di vivere altre ventiquattro ore.
Ho creduto nella vittoria delle nostre armi, come credo in Dio, Nostro Signore, ma più ancora credo nell'Eterno, adesso che la sconfitta ha costituito il banco di prova sul quale dovranno venire mostrate al mondo intero la forza e la grandezza dei nostri cuori. E' ormai un fatto che la guerra è perduta, ma è anche certo che non si è vinti finchè non ci si dichiari vinti. Questo dovranno ricordare gli Italiani, se, sotto la dominazione straniera, arriveranno a sentire l'insoffocabile risveglio della loro coscienza e dei loro spiriti.
Oggi io perdono a quanti non mi perdonano e mi condannano condannando se stessi. Penso a coloro ai quali sarà negato per anni di amare e soffrire per la patria e vorrei che essi si sentissero non solo testimoni di una disfatta, ma anche alfieri della rivincita. All'odio smisurato ed alle vendette subentrerà il tempo della ragione. Così riacquistato il senso della dignità e dell'onore, son certo che gli italiani di domani sapranno serenamente valutare i coefficienti della tragica ora che vivo. Se questo è dunque l'ultimo giorno della mia esistenza, intendo che anche a chi mi ha abbandonato e a chi mi ha tradito, vada il mio perdono, come allora perdonai al Savoia la sua debolezza.
I fascisti che rimarranno fedeli ai principii dovranno essere cittadini esemplari. Essi dovranno rispettare le leggi che il popolo vorrà darsi e cooperare lealmente con le autorità legittimamente costituite per aiutarle a rimarginare nal più breve tempo possibile le ferite della patria. Chi agisce diversamente dimostrerebbe di ritenere la patria non più patria quando si è chiamati a servirla dal basso. I fascisti, insomma, dovranno agire per sentimento, non per risentimento. Dal loro contegno dipenderà una più sollecita revisione storica del fascismo, perchè adesso è notte, ma poi verrà giorno.

sabato 25 luglio 2020

L' UOMO SPECIALE È SEMPRE LUI !!


Sottotitolo: NON SERVONO I FIGURANTI di rai uno ...


Di respirare la stessa aria
di un secondino non mi va
perciò ho deciso di rinunciare alla mia ora di libertà
se c'è qualcosa da spartire
tra un prigioniero e il suo piantone
che non sia l'aria di quel cortile
voglio soltanto che sia prigione
che non sia l'aria di quel cortile
voglio soltanto che sia prigione.
È cominciata un'ora prima
e un'ora dopo era già finita
ho visto gente venire sola
e poi insieme verso l'uscita
non mi aspettavo un vostro errore
uomini e donne di tribunale
se fossi stato al vostro posto...
ma al vostro posto non ci so stare
se fossi stato al vostro posto...
ma al vostro posto non ci sono stare.
Fuori dell'aula sulla strada
ma in mezzo al fuori anche fuori di là
ho chiesto al meglio della mia faccia
una polemica di dignità
tante le grinte, le ghigne, i musi,
vagli a spiegare che è primavera
e poi lo sanno ma preferiscono
vederla togliere a chi va in galera
e poi lo scanno ma preferiscono
vederla togliere a chi va in galera.
Tante le grinte, le ghigne, i musi,
poche le facce, tra loro lei,
si sta chiedendo tutto in un giorno
si suggerisce, ci giurerei
quel che dirà di me alla gente
quel che dirà ve lo dico io
da un po' di tempo era un po' cambiato
ma non nel dirmi amore mio
da un po' di tempo era un po' cambiato
ma non nel dirmi amore mio.
Certo bisogna farne di strada
da una ginnastica d'obbedienza
fino ad un gesto molto più umano
che ti dia il senso della violenza
però bisogna farne altrettanta
per diventare così coglioni
da non riuscire più a capire
che non ci sono poteri buoni
da non riuscire più a capire
che non ci sono poteri buoni.
E adesso imparo un sacco di cose
in mezzo agli altri vestiti uguali
tranne qual'è il crimine giusto
per non passare da criminali.
C'hanno insegnato la meraviglia
verso la gente che ruba il pane
ora sappiamo che è un delitto
il non rubare quando si ha fame
ora sappiamo che è un delitto
il non rubare quando si ha fame.
Di respirare la stessa aria
dei secondini non ci va
e abbiamo deciso di imprigionarli
durante l'ora di libertà
venite adesso alla prigione
state a sentire sulla porta
la nostra ultima canzone
che vi ripete un'altra volta
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti.
Per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti.

Vi lasciamo così, giusto per "riflettere": - Dai diamanti non nasce niente, dal LETAME NASCON I FIOR -

CIAO FABER


martedì 21 luglio 2020

GIUSTO PER ESSERE CHIARI UNA VOLTA PER TUTTE!!



NOI SIAMO QUESTI ... LIBERI,ERETICI,RIBELLI,FOLLI: I "DIVERSI" NEL vostro FOTTUTO mondo di uguali!!
LA NOSTRA PATRIA (e NOI CON ESSA!) È MORTA IL 25 APRILE 1945 e del resto non ce ne frega un cazzo ... ONORE E FEDELTÀ non appartengono ai ludi cartacei, LA RIVOLUZIONE NON PASSA DAL PARLAMENTO!!

VICEVERSA ...
Sono passati anni da questo manifesto e nemmeno lo commentiamo più ... ormai TUTTI E TUTTO CIÒ CHE VEDIAMO CI DA DISGUSTO E TANTA RABBIA ! Pupazzi nelle mani di altri pupazzi ... fate "come sempre" il vostro dovere, poi però finitela di ROMPERE IL CAZZO!




lunedì 20 luglio 2020

... QUESTA GUERRA NON È FINITA ...


Berlino è caduta sotto i miei occhi
Spettri di soldati affamati e distrutti
Vola sulle macerie la bandiera nemica
Ha il colore del sangue chi ha dato la vita!

Non accetto la resa, non depongo le armi
Prima di avermi dovran venire a cercarmi
Sono l'ultimo rimasto del mio plotone,
Ma ho due bombe a mano e un caricatore!

Per me questa guerra non è finita!
Per questa guerra io ho dato la vita!
Per me questa guerra non è finita!
Per questa guerra io ho dato la vita!

Per me questa guerra non è finita!
Per questa guerra io ho dato la vita!
Per me questa guerra non è finita!
Per questa guerra io ho dato la vita!

Non so quale sia la mia uniforme
Non ho più bandiera, ma ho un fucile e due bombe
Non ho più un paese, ho soltanto una terra
Non ho più un nome, io sono la guerra!

La guerra finirà quando morrò io,
Ma non sono più un uomo, io sono un dio
Sono il figlio d'Europa, il mio sangue è la storia
Non ho più una lingua, la mia lingua è la gloria!

Per me questa guerra non è finita!
Per questa guerra io ho dato la vita!
Per me questa guerra non è finita!
Per questa guerra io ho dato la vita!

Per me questa guerra non è finita!
Per questa guerra io ho dato la vita!
Per me questa guerra non è finita!
Per questa guerra io ho dato la vita!

Il nemico s'illude perché tutto tace,
Ma finché vivrò non avranno pace!

Sono il lupo mannaro, non sono più un uomo!
Sono il lupo mannaro, la mia forza è il tuono!
Sono il lupo mannaro, non sono più un uomo!
Sono il lupo mannaro, la mia forza è il tuono!

Sono il lupo mannaro, non sono più un uomo!
Sono il lupo mannaro, la mia forza è il tuono!
Sono il lupo mannaro, non sono più un uomo!
Sono il lupo mannaro, la mia forza è il tuono!

domenica 19 luglio 2020

LA VOCE CHIARA DI UN CANTO RIBELLE!!


LE MULTINAZIONALI CI HANNO RESO SCHIAVI!!



The Corporation è un documentario canadese del 2003, diretto da Mark Achbar e Jennifer Abbott e tratto dall’omonimo libro di Joel Bakan. È stato distribuito in Italia dalla Fandango ed è commercializzato anche da Feltrinelli, nella collana Real Cinema.

Il documentario analizza il potere che hanno le multinazionali (quelle che in America vengono chiamate corporations) nell’economia mondiale, dei loro profitti e dei danni che creano.

Le corporation sono oggigiorno persone giuridiche che hanno l’obbligo di mettere la tutela dei loro azionisti, cioè la realizzazione di un profitto, al di sopra di ogni altro obiettivo. Per questo, esse non hanno alcun interesse a salvaguardare la natura o il benessere dei lavoratori: ad essere danneggiata dall’opera delle multinazionali, quindi, è la società. Il documentario spiega questo fenomeno e lo illustra con vari esempi, che comprendono, fra l’altro:
lo sfruttamento della manodopera, specialmente nei paesi centroamericani, portato alla luce dalle indagini del Comitato Nazionale Americano per il Lavoro;
la sintetizzazione e la diffusione di sostanze chimiche pericolose per la salute, come il DDT e l’Agente Arancio, prodotto dalla Monsanto e usato in Vietnam dall’esercito americano;
la somministrazione alle mucche di un ormone (l’rBGH della Monsanto, detto anche rBST o Posilac). Questa sostanza, considerata sicura dalla Food and Drug Administration (FDA), avrebbe dovuto aumentare la produzione di latte, ma invece ha provocato casi di mastite (infiammazioni delle mammelle) delle mucche, che a sua volta ha provocato l’infezione batterica del latte. Un programma di Fox News ne avrebbe dovuto parlare, ma la Monsanto, con l’appoggio della Fox stessa, l’ha censurato;
l’inquinamento delle fabbriche e di allevamenti animali;
la pubblicità rivolta ai giovani di oggi, più sofisticata e creata appositamente perché i bambini condizionino gli acquisti dei genitori. Le corporation fanno leva sulla loro vulnerabilità per vendere i propri prodotti e per creare un esercito di “piccoli consumatori” che hanno cieca fiducia nelle multinazionali;
la diffusione di pubblicità occulta per introdurre un marchio nella vita quotidiana;
il processo condotto dalla General Electric e dal prof. Chakrabarty contro l’Ufficio brevetti americano, che aveva rifiutato di brevettare un batterio geneticamente modificato. Prima di questo processo non era possibile brevettare esseri viventi, ma dopo la vittoria della multinazionale, questa regola è stata modificata e ora il divieto vale solo per la specie umana;
le privatizzazioni dei beni pubblici, fra cui quella dei servizi idrici di una città boliviana (Cochabamba) che dava la possibilità a una multinazionale di distribuire l’acqua in cambio di un quarto del reddito dei cittadini, prevaricando, inoltre, i loro diritti. La popolazione si ribellò, ci furono degli scontri che provocarono numerosi feriti e un morto;
la collusione fra le corporation e i regimi dittatoriali, specialmente fra l’IBM di New York e il Terzo Reich.

Particolarmente impietosa è l’analisi del comportamento delle corporation, che si rivela uguale a quello dello psicopatico: « La domanda che spunta periodicamente è: “Fino a che punto la corporation può essere considerata psicopatica?”. Se vediamo una corporation come persona giuridica, non dovrebbe essere tanto difficile mettere in parallelo la psicopatia dell’individuo con la psicopatia della corporation. Potremmo esaminare le caratteristiche di questo specifico disturbo una ad una, applicate alle corporation… Ne avrebbe tutte le caratteristiche. E infatti, sotto molti aspetti, la corporation risponde al prototipo dello psicopatico. »
(Robert Hare, psicologo dell’FBI)

Testo tratto da Wikipedia

venerdì 17 luglio 2020

LA NOSTRA ERESIA CONTRO LA VOSTRA SPORCA ARROGANTE IPOCRISIA!!


FASCISMO ERETICO

Paolo Signorelli

Da "l'Universale" a "Tabularasa": un viaggio attraverso il Fascismo eretico

Berto Ricci, Beppe Niccolai, Antonio Carli:
tre nomi da inscrivere nella storia dell'eresia.
L'eresia di quel Fascismo «immenso e rosso» cantato appassionatamente e suggestivamente da Drieu e riproposto con lucidità di analisi da De Benoist.

«La nostra strada non va né a destra né a sinistra. Va avanti dritta»
(Ernst Jünger)

Noi non possiamo e non vogliamo, tanto per essere chiari, identificarci con la destra. Da anni ci siamo battuti su posizioni altre, verso un ambizioso e però legittimo posizionamento «al di là della destra e della sinistra» che, a ben vedere, sta a significare il superamento di categorie concettuali estranee alla nostra visione del mondo. Non può esserci per noi -neppure sul piano della provvisorietà "pragmatica"- una scelta di campo a destra, laddove la destra rappresenta un'acritica accettazione di valori ritenuti tradizionali e che, invece, inverano la conservazione di un mondo di cui nulla può essere salvato, perché esso coincide con la difesa dell'Occidente che è nemico dichiarato non soltanto del pensiero eretico ma di qualsivoglia tensione ideale diretta a rifiutarlo ed a scardinarne l'assetto politico, sociale ed economico.
La dicotomia destra-sinistra continua a rappresentare l'alibi di comodo di quanti (vedi Area) non hanno il coraggio di schierarsi sulla trincea dell'antagonismo che solo può rappresentare il superamento di un tempo disegnato dalla congiunzione di Giuda con Caino. Quanto poi è sostenuto da coloro i quali intendono risciacquare la loro cattiva coscienza di rinnegati cercando di dare contenuti ideali alle loro scelte di potere, vale appena ricordare che la destra o è «destra» o è «sociale»: nel momento in cui la destra si fa sociale automaticamente si estingue come destra. (1)
La sfida politico-culturale epocale è tra l'integrazione e la ribellione al Pensiero Unico che pretende omologare, globalizzare, uni-formare, distruggere le diversità e le identità popolari. Una sfida che significa per il non-conforme andare oltre, al di là degli stanchi stereotipi rappresentati dalla destra e dalla sinistra. Anche «per farla finita con la destra» come sostiene in un suo lucido pamphlet Stenio Solinas che pure proviene dai ranghi della nouvelle vague intellettuale di destra.
Io non vengo da lì. Io appartengo ad una generazione che per una manciata di minuti non ha potuto prendere parte all'ultima battaglia della guerra del sangue contro l'oro. Non fui nel tempo giusto un leone morto, ma non sono diventato un cane vivo…
La mia generazione ebbe, a guerra finita, pessimi maestri. Vili, impostori, felloni, voltagabbana.
Il "viandante" intraprese il suo viaggio con due libri nel suo tascapane: "I Proscritti" di Von Salomon e "Rivolta contro il mondo moderno" di Julius Evola. Poi imparò a coniugare Nietzsche e Heiddeger con Platone, Marinetti con Papini, Codreanu con La Rochelle, Brasillach con Céline, Ortega y Gasset con Ezra Pound. «A Eleusi han portato puttane …». Poi Berto Ricci e Jünger… E divenni correttamente eretico e jüngerianamente ribelle. E la ribellione e l'eresia hanno sempre caratterizzato il mio impegno politico e culturale. D'altronde quando si aderisce ad una Weltanschauung trasgressiva che «non va di moda» perché non puzza di usurocrazia, la contrapposizione, l'antagonismo sono obbligati e non si può non cadenzare il passo lungo le vie insidiose, ma capaci ancora di suscitare entusiasmi, della lotta. Non si accetta il popperiano miglior mondo possibile: lo si combatte e basta.
Tutto questo dovevo dirlo: personalizzando un percorso perché coincidente con la trasgressione e l'eresia di altri che è, a dir poco doveroso, ricordare per avere essi battuto «i sentieri del Terribile». Un'avanguardia procede senza voltarsi indietro a guardare cosa fanno le salmerie. E una pattuglia di notte ha come guida il sogno e le stelle.



BERTO RICCI

«Ci sono Inghilterre che abbiamo dentro di noi che bisogna abbattere E sono quelle, è quello il male: là dove prevale, là è il nemico».

Berto Ricci, dunque, e "l'Universale". E i ragazzi che a venti anni partirono volontari per andare a combattere per una Patria che non è una figura retorica, né sopraffazione delle Patrie altrui, ma la difesa delle identità minacciate. Berto Ricci, l'eretico ed il credente in una Rivoluzione che si era impantanata nelle trappole dell'Ordine Costituito.
«Non c'è cosa peggiore per il rivoluzionario di vincere la rivoluzione» sostiene Jean Cau colloquiando con il Che (2).
«Avevi tu, che non avrai mai quarant'anni, sì, la paura di una morte ben più terribile di quella che ti avrebbe folgorato. Quella del guerrigliero in te. Quella del cacciatore. Quella dell'Angelo. Quella dell'artista. Hai trentanove anni, l'età in cui, dice Hugo, "si scende, svegli, l'altro pendio del sogno". Verrà il tempo dell'ordine e delle ragioni del mondo? Bisognerà appendere fucili e sogni alla rastrelliera? E vivere, mio Dio, vivere, o mio Dio, vivere come? E sentirsi invecchiare in vanità ed onori?».
L'Ordine Costituito. Berto non aveva vent'anni quando insieme con i ragazzacci che con lui vivevano l'esperienza eretica de "l''Universale" sfidava, in pieno regime, «la protervia e la decadenza culturale di molti federali in orbace e stivaloni» pronti a balzare sul carro del vincitore di turno. E pure credeva nella funzione imperiale dell'Italia e del Fascismo, convinto -come scriveva nel "Manifesto realista"- che esso avrebbe esercitato una Rivoluzione «centro d'una imminente civiltà non più caratteristica d'un continente o d'una famiglia di popoli, ma universale».
E ci si arruola e si va morire a vent'anni, a trent'anni. Non invecchiando in vanità ed onori.
«Viene dopo le finte battaglie, il giorno in cui c'è da fare sul serio e si ristabiliscono di colpo le gerarchie naturali: avanti gli ultimi, i dimenticati, i malvisti, i derisi. Essi ebbero la fortuna di non fare carriera, anzi di non volerla fare, di non smarrire le proprie virtù nel frastuono degli elogi mentiti e dei battimani convenzionali. Essi ebbero la fortuna di assaporare amarezze sane, ire sane, conoscere lunghi silenzi, sacrifici ostinati e senza lacrime, solitudini di pietra, amicizie non sottoposte all'utile e non imperniate sull'intrigo».
Vi è una testimonianza su Berto Ricci di un uomo che fu lo scettico per eccellenza, «un epilettico della morale» come ebbe a definirlo Beppe Niccolai. Uno diventato antifascista e poi rimasto a presidiare «l'Italia, smaliziata e utilitaria, degli Italiani che non credono più». Uno cui piacque vivere nella culla di quella grassa borghesia che gli diceva «quanto sei bravo».
Ecco quanto scriveva nel 1955 Montanelli in un articolo dal titolo "Proibito ai minori di 40 anni". «Quando dalla cittaduzza andai a conoscere il direttore del periodico "l'Universale", col quale avevo scambiato alcune lettere, anche per me il fascismo cominciò a contare qualcosa. Egli fu il solo maestro di carattere che io abbia incontrato in questo Paese, in cui il carattere è l'unica materia in cui si passa senza esame. E quando di lì ad alcuni anni ebbi deciso di voltare le spalle al fascismo, fu soltanto di lui che mi preoccupai. Infatti, andai proprio a Firenze a parlargliene. Mi stette a sentire, poi disse pacatamente. "Queste sono faccende in cui s'ha da vedersela con la propria coscienza e nessuno può essere d'aiuto a nessuno. Io ti dico soltanto una cosa, non pensare ai vivi, pensa a quelli che, per restare fedeli con le nostre idee, ci sono rimasti. Per non arrossire di fronte a noi stessi, e l'uno di fronte all'altro, qualche cosa si è fatto e Paolo Cesarini ci ha lasciato una gamba e Carlo Rotolo ci ha lasciato la vita, lui che forse era quello a cui la vita più sorrideva. Pensaci e pensa anche che se imbocchi quella strada devi batterla sino in fondo, sino al confino o sino all'esilio. Questo solo richiedo: di poter continuare a stimarti come avversario, visto che devo cessare di stimarti come amico e come alleato"».
Quell'«epilettico della morale» consumò, notoriamente, il suo tempo rincorrendo -e con successo- i «luccichii» che tanto gli piacevano, Berto Ricci scelse con coerenza la via ultima della lotta e della morte.
E di lui scriverà Corvié, un altro che gli fu amico e che poi traslocò in altri settori politici: «Non gli bastava essere artista, voleva conoscere le ragioni del suo vivere, come uomo tra gli uomini, non si accontentava delle parole, voleva cose. Generoso e disinteressato, per sé non chiedeva che sacrifici, sofferenza e morte. Non i suoi nemici dovevano aver paura di un simile carattere, ma i suoi amici, quelli della sua parte».
Ma quale parte, ci chiediamo? Non quella dei "farabuttelli", i babbuini -come li chiamava Berto Ricci- dell'Ordine Costituito sempre pronti, poi, a voltare gabbana e a scendere in strada a cose fatte per inneggiare a chi ha vinto.
La toscanità eretica di «un maledetto» come la chiamerà Malaparte. Anzi di tutti quei maledetti che hanno saputo sempre appassionarsi e scannarsi per la fazione, come accadde tra guelfi e ghibellini, tra neri e bianchi. E come accadde nell'agosto del '44 quando si trovarono dinanzi, in uno dei tanti appuntamenti della loro storia, rossi e neri. Quando fu passato per le armi "Alfredino" (cfr. Alfredo Magnoldi, il campione europeo dei pesi gallo) e quando furono fucilati dai rossi, sulla gradinata di Santa Maria Novella, i ragazzacci fascisti. Ragazzacci di 15-16 anni. «Il più giovane, vestito di una maglia nera e di un paio di calzoni corti che gli lasciavano nude le gambe dagli stinchi magri, era quasi un bambino. C'era anche una ragazza, fra loro, giovanissima, nera d'occhi e dai capelli, sciolti sulle spalle, di quel biondo scuro che s'incontra spesso in Toscana tra le donne del popolo». (3)
«Ecco, questa è la Firenze di Berto Ricci. Ed ecco perché Berto Ricci ce l'ha con gli agnostici, con gli indifferenti. E dice che sono una vecchia peste di questo Paese dal tranquillo vuoto interiore. Noi per questo vuoto interiore non daremmo un atomo del nostro doloroso cercare, del nostro errare umano. Berto, in definitiva, sta con la gente che discorre, che opera, che disprezza e si rode alla maniera italiana».
Così, anche così, volle ricordarlo Beppe Niccolai, il 10 dicembre 1988 a Modugno in un intenso incontro comunitario organizzato per il Centro culturale "La Quercia" da Pino Tosca. Un altro eretico morto in età ancora giovane e che mai divenne «un cane vivo».


BEPPE NICCOLAI

«Non è importante la vita. Importante è ciò che si fa della vita»

«Denunciare nemici mortali che sono dentro di noi: la partitocrazia che genera professionismo politico contro la militanza; la casta contro l'impegno morale; la burocratizzazione; la corte e i cortigiani; la tendenza a ridurre il partito periferico ad una rete di piazzisti del voto, e che conduce ad una selezione verticistica della classe dirigente secondo le fedeltà, non alle linee ideali, ma alle persone che hanno il potere».
In queste parole di Beppe Niccolai si racchiude la concezione militante dell'eretico della politica, di chi intende la lotta come trasgressione a fronte del conformismo della "casta" dei politicanti e come coerenza con l'impegno morale del combattente dell'Idea. Un combattente di razza che sa, come Berto Ricci, cosa stanno a significare «le Inghilterre che stanno dentro di noi» e che quelle ha cercato sempre di abbattere. Con l'impegno febbrile, con l'esempio, con l'abnegazione generosa, con la denuncia, con l'insegnamento di vita. Maestro di pensiero ma ancora prima di stile. Fuori dagli steccati, avendo come nemici il conformismo, il burocratismo, l'assistenzialismo. Odio e amore: che vivono in maniera forte, nell'intensità e nell'inquietudine di chi non conosce la resa, di chi rifiuta la via della fuga.
Tutto questo e tanto altro ancora apprendiamo dai suoi articoli, dai suoi appunti, dai suoi interventi parlamentari, dal "Rosso e Nero e da "Duello al Sole", le rubriche curate da Niccolai sul "Secolo d'Italia", su "Pagine Libere", su "L'Eco della Versilia".
In molti -"camerati" ed avversari- hanno ricordato dopo la morte il «Fascista corsaro». Molti di quei camerati hanno abbandonato la trincea della trasgressione o hanno preteso realizzarla su posizioni di comodo "altre".. Novelli "babbuini" che non hanno saputo far loro l'insegnamento di vita di quello che a lungo ritennero essere il loro maestro. Carità di patria -o forse soltanto il fastidio- ci spingono a non elencarli.
Ci piace, invece, ricordare le parole di Pietrangelo Buttafuoco, che lo vide come il riferimento degli eretici. «Beppe Niccolai aveva la capacità di vedere la realtà senza l'affanno elettorale. Raccoglieva intorno a sé il "mondo degli umili e degli indifesi" e diede alla militanza politica un senso ed un imperativo categorico. Il senso e l'imperativo categorico di un impegno costruito con il cemento del progetto. A lui, infatti, un uomo già monumento per stile e dirittura morale, si rivolsero gli inquieti e tutti quelli che dopo avrebbero lasciato la Destra alle loro spalle. Non c'è oggi in circolazione un fascista che non abbia avuto da Niccolai un regalo: la fotocopia di una pagina importante, un libro sottolineato nei punti giusti, una lettera». (4)
Un «libro sottolineato», non suo: egli non scrisse libri. Come non ne scrissero Berto Ricci e Antonio Carli. Anche questo rappresenta un segno distintivo di chi vive la trasgressione inviando segnali di vita e fornendo esempi di stile che, a ben riflettere, è il modo di concepire la lotta lontano dalle cattedre imbalsamate e dagli orpelli degli intellettuali.
Nel febbraio del 2002 si tenne a Roma, presso l'affollatissima sala "Marinetti" del Ripa All Suites Hotel, un Convegno su Beppe Niccolai e Antonio Carli al quale parteciparono Pietrangelo Buttafuoco, Giampiero Mughini -suo caro amico e caro "nemico"- (5), e Domenico Mennitti. L'incontro, organizzato dal Fronte Sociale Nazionale, non volle «avere il sapore cinereo di una commemorazione», ma volle essere una riproposizione di Niccolai «per l'attualità del suo pensiero, che non ha certo perso di smalto con l'andare degli anni ma dimostra di aver saputo cogliere "prima" le avvisaglie di situazioni politiche che si sarebbero "poi" puntualmente appalesate». Un incontro voluto fortemente da me che non potei nei "tempi giusti" conoscerlo e frequentarlo, perché impegnato su posizioni altre o sequestrato nelle galere del sistema. Un incontro la cui centralità fu rappresentata dalla necessità avvertita di riprendere la via tracciata da Niccolai prima e da Antonio Carli poi -da "L'Eco della Versilia" a "Tabularasa"- per marciare ancora più convinti lungo quei sentieri che «già sono delineati innanzi a noi».
Al suo, al loro fianco -uomini «difficili da raccontare» nella loro maledetta toscanità non fiorentina ma versiliana- furono sempre i più «moderni», i ragazzacci irriducibili, insofferenti ad ogni forma di compromesso e di ipocrisia.
Non a caso Beppe Niccolai fu l'unica voce fuori dal coro nel Congresso missino di Roma del 1984, con la mozione "Segnali di Vita" sottoscritta con entusiasmo dalle componenti giovanili e creative del partito. Il MSI: quel partito al quale aveva aderito sin dal ritorno dalla terribile esperienza del "Fascist's criminal camp" di Hereford nel Texas, in cui era stato internato insieme a Giuseppe Berto, a Roberto Mieville, a Carlo Tumiati -solo per ricordarne alcuni-, senza mai piegarsi e mai collaborare. Da quella esperienza, anzi, attinse ancora più forza per le sue battaglie politiche, mai allineate. Dalla relazione di minoranza alla Commissione antimafia (che gli valse l'elogio di Leonardo Sciascia), all'interrogazione parlamentare che fece esplodere il caso dell'Argo 16 "sabotato" dagli agenti del Mossad, all'elogio al Vietnam vittorioso sull'imperialismo americano si snodò un percorso non-conforme, culminato non a caso con il rifiuto nel 1976 di una nuova candidatura parlamentare. Al «gusto del Palazzo», alla poltrona preferì, insomma, la militanza avviandosi in una dura autocritica che cercò, senza risultati, di estendere a tutto il partito.
Gli anni '80 furono gli anni della rilettura puntuale e feroce degli errori compiuti verso la contestazione giovanile ed in politica estera. Gli anni in cui con la rivista "L'Eco della Versilia" Niccolai costituì il più forte punto di riferimento per il dissenso interno e di dialogo con l'Area delle forze antagoniste al sistema di potere.
Alla sua morte sarà Antonio Carli, divenuto direttore di "Tabularasa" a raccogliere l'eredità spirituale del suo Fascismo rosso, rivoluzionario ed anarchico.


ANTONIO CARLI
«… a risvegliare questo nostro Popolo ed obbligarlo a tendere l'orecchio a richiami antichissimi sì da armonizzarli con il genio sopito... per incamminarsi oltre i bacini morti dell'abulia e della rinuncia»

Antonio Carli è un altro a non avere cercato mai il potere, ad aver fatto sempre e comunque quel che sentiva giusto, al servizio dell'Idea, rivendicando per sé e per la sua gente quel «diritto alla follia» di cui ebbe a scrivere sull'"Eco" prima e su "Tabularasa" poi, quando decise con un manipolo di eretici di continuare a cantare la trasgressione. Un manipolo che si andò nel tempo assottigliando a seguito delle solite scelte di campo dette "trasgressive", ma che in realtà costituirono un abbandono della trasgressione. Non tutti -diciamocelo a cuor leggero- ebbero la capacità di correre il pericolo nella dimensione disperante del deserto. Ci sono revisioni e revisioni: c'è chi ha la forza e la "tigna" di essere ragazzaccio sino in fondo, di battersi «con l'ostinato orgoglioso carattere degli antichi Tusci» e tenta con caparbietà e con rabbia di "rivedere" coerentemente ad un credo quanto dai vincitori imposto, e c'è chi rivede se stesso e le sue idee e la sua antica appartenenza, recidendo d'un colpo legami umani e la fede. Arrendendosi senza avere l'onestà di ammetterlo. Roba da babbuini, insomma, travestiti da ribelli. Anche in questo caso non faremo elenchi: sarebbe sin troppo facile mettere all'indice i "revisori" della propria coscienza. E, quindi, inutile. Comunque dispendioso di energie che ad altro debbono servire.
Antonio Carli, dunque, il portabandiera della follia non perbenista. L'uomo e il camerata, sicuramente il compagno di lotta che per comporre le pagine squinternate di "Tabula" sveniva a notte attossicato dagli acidi. Lui che aveva una salute minata dal male e dalla incazzosità di un'esistenza maledetta. Come la sua toscanità.
Io lo ho amato e l'ho riguardato con ammirazione. Altri ancora continuano ad amarlo, ricostruendo il suo percorso politico attraverso i suoi scritti.
Non recitiamo altre parole: le riterremmo offensive, oltre che limitanti, per lui. Per questo, anche per questo, vogliamo ricordarlo con quanto da lui scritto sull'editoriale del primo numero di "Tabularasa" (7)…
«… Presuntuosi noi di "Tabula Rasa". Pensiamo di aver preso contatto col sole, di aver dissetato il nostro spirito nell'oasi, di esserci sentiti bruciare sul rogo. O forse, chissà! Siamo gli adolescenti avidi di luce che bevvero appena qualche sorso alla sorgente del sole e rimasero con la sete nell'ombra. Oppure, chissà! Crediamo di essere capaci di fare ciò che fece Michelangelo, genio selvaggio: portare alla luce, senza destarla, la Notte addormentata in una crisalide di marmo. Ma una cosa è certa: dei fiori sentiamo tutto il profumo, dei frutti tutto il sapore. Per questo siamo usciti dal tempio infestato da mercanti, da prestatori di lacrime ad usura che esplicano la mansione di rigattieri dell'altrui sacrificio, da rivenditori di elogi funebri, da speculatori della morte, da trafficanti della nostalgia. Lo sappiamo: le solite cassandre, presaghe di sventura, ci annunciano per via l'ingratitudine e l'oblio, un deserto di freddezza ed un oceano di solitudine. Non ce ne curiamo. La solitudine acuisce la mente, feconda il pensiero, rende sereni i giudizi. Siamo usi a vivere in siffatta maniera poiché sappiamo che tal comportamento è privilegio di pochi, ma agguerriti uomini. Che riscuotono consenso e stima. A ciò noi aneliamo. Soprattutto. Abbiamo avuto la capacità di separarci dal male per guardarlo dall'alto. Nella bolgia rimangono i deboli che vi si immergono per berne tutto il veleno e ai margini del trono del potere (immaginario e irraggiungibili) vagano nella paura e nella smodata ambizione di prebende. Senza badare al tipo dello sponsor… E s'ingrossa la folla dei cortigiani. Noi siamo pochi, è vero. Ma non ci turba la sensazione del deserto. Andiamo avanti. Con la nostra terrena miseria, con la nostra indomabile fierezza…Parliamo con la gente, la gente ci ascolta, la gente è la nostra bandiera… La gente, il popolo… Il popolo che soffre, che lavora e alla cui ombra si muovono i piccoli uomini della scena politica, i satiri corrotti e impotenti della vita pubblica».
E ancora. «La società sta vivendo una fase di transizione. La filosofia moltiplica i suoi sistemi, la scienza le sue leggi, il commercio i suoi mercati, ma la vita di ognuno impoverisce giorno dopo giorno. La tristezza di chi soffre non può durare in eterno. Il nostro modo di intendere la politica esula da quello che si definisce "tradizionale". Non c'è una maniera onesta o disonesta di intenderla. Essa non può avere aggettivazioni. Vogliamo parlare dei morti due volte defunti alla vita e alla memoria, dei morti oscuri due volte seppelliti bell'oblio e nella fossa, dei non accolti alla fama, dei ripudiati dalla sorte, dei gregari della vita, dei diseredati che non possono levare la fronte alla superficie dell'opinione. Questi gli scopi della nostra battaglia, della nostra nuova avventura…Noi di "Tabula Rasa" ci siamo dimissionati dall'uniforme canea della vita "politica" del sistema per seminare il sale sul suo terreno. Per inaridirlo totalmente».

Stammi bene canaglia: ci rivedremo all'Inferno.

Paolo Signorelli

LIBERI ERETICI RIBELLI!


«Noi, quelli che … un calcio in culo al sistema. Questo è il luogo sacro dell'anticonformismo ideoantroposociopsicologico: il paradiso dei rompicoglioni, del politicamente scorretto. Di quelli che non ci stanno; che non credono alla destra e alla sinistra e non sognano neppure il grande centro. Quelli che al sistema preferiscono le due colonne. Quelli che detestano l'america e Dio stramaledica gli inglesi. Quelli che la tribù è molto meglio del villaggio globale. Quelli che sognano un nuovo disordine mondiale. Quelli che vaffanculo la coca cola e l'hot dog. Quelli che le Borse ce l'hanno sotto gli occhi per l'insonnia e il Pensiero Unico è un nuovo modello di dichiarazione dei redditi e perciò evadono le tasse. Quelli che al diavolo Eurolandia. Quelli che il TUS è un pericolosissimo retrovirus custodito nelle Banche centrali e ci vorrebbe un vaccino. Quelli che l'Occidente è un punto cardinale e il Mediterraneo nonsolomare. Quelli, infine, che il gendarme planetario lo impalerebbero alla statua della libertà. Sì, questo è il sito degli antagonisti, degli antiborghesi, dei non moderati, degli antilabliberisti, degli anarcofascisti, dei camercompagni, del rosso e del nero a denominazione di origine controllata, degli estremisti del terzo sentiero, dei militanti del cazzimperio. Non c'è bisogno di carte di credito. Frequentaci e te ne pentirai». 

Fonte: http://tabularasa.altervista.org/

CANTI DI OSTERIA E DI MALA ...


PORTA ROMANA

Porta Romana bella Porta Romana
Ci stan le ragazzine che te la danno
Ci stan le ragazzine che te la danno
Prima la buonasera e poi la mano.

E gettami giù la giacca ed il coltello
Che voglio vendicare il mio fratello
La via San Vittore l'è tutta a sassi
L'ho fatta l'altra sera a pugni e schiaffi

In via dei Filangeri gh'è 'na campana
'ogni vòlta che la sòna l'è ona condanna
La via dei Filangeri l'è un gran serraglio
La bestia più feroce l'è il commissario

Prima faceva il ladro e poi la spia
E adesso è delegato di polizia
e sette e sette e sette fanno ventuno
Arriva la volante e non c'è nessuno

Ha fatto più battaglie la tua sottana
Che tutta la marina Americana
ha perso piu' battaglie il tuo reggipetto
Che il general Cadorna a Caporetto
Han fatto più battaglie le tue mutandine
Che tutti i giapponesi alle Filippine

O luna che rischiari le quattro mura
Rischiara la mia cella ch'è tanto scura
Rischiara la mia cella ch'è tetra e nera
La gioventù più bella morì in galera

O luna luna luna che fai la spia
Bacia la donna d'altri ma non la mia
Amore amore amore, amore un corno
Di giorno mangio e bevo, di notte dormo.
Olimpia Olimpia mi ate me tradiset
Te disett che te vegnett e pho' te pisett

Ci sono tre parole in fondo al cuore
La gioventù, la mamma e il primo amore
La gioventù la passa, la mamma muore
e restet come on pirla col primo amore

Porta Romana bella Porta Romana
Ci stan le ragazzine che te la danno
Ci stan le ragazzine che te la danno
Prima la buonasera e poi la mano

AUDIOLIBRO: L'ARTE DELLA GUERRA SUN TZU


giovedì 16 luglio 2020

MAX STIRNER: L'UNICO E LA SUA PROPRIETÀ

DUE ORIGINALI PRESENTAZIONI DEL LIBRO




LUNGA VITA AI MALFATTORI!!


"Ai gridi ed ai lamenti di noi plebe tradita
la lega dei potenti si scosse impaurita
e prenci e magistrati gridaron coi signori
che siam degli arrabbiati, dei rudi malfattori.

Folli non siam né tristi né bruti né birbanti
ma siam degli anarchisti pel bene militanti;
al giusto al ver mirando strugger cerchiam gli errori
perciò ci han messi al bando col dirci malfattori.

Deh t’affretta a sorgere o sol dell’avvenir:
vivere vogliam liberi non vogliam più servir.

Noi del lavor siam figli e col lavor concordi
sfuggir vogliam gli artigli dei vil padroni ingordi
che il pane han trafugato a noi lavoratori
e poscia han proclamato che siamo malfattori.

Natura comun madrea niun nega i suoi frutti
e caste ingorde e ladre ruban que ch’è di tutti.
Che in comun si viva si goda e si lavori!
Tal’è l’aspettativa ch’abbiam noi malfattori.

Deh t’affretta a sorgereo sol dell’avvenir
vivere vogliam liberi non vogliam più servir.

Chi sparge l’impostura avvolto in nera veste,
chi nega la natura sfuggiam come la peste,
sprezziam gli dei del cielo e i falsi lor cultori,
del ver squarciamo il velo, perciò siam malfattori.

Amor ritiene uniti gli affetti naturali
e non domanda riti né lacci coniugali
noi dai profan mercati distor vogliam gli amori,
e sindaci e curati ci chiaman malfattori.

Deh t’affretta a sorgere o sol dell’avvenir
vivere vogliam liberi non vogliam più servir.
Leggi dannose e grame di frode alti stromenti
secondan sol le brame dei ricchi prepotenti,
dan pane a chi lavora onor a sfruttatori,
conferman poscia ancora che siamo malfattori.

La chiesa e lo stato, l’ingorda borghesia
contendono al creato di libertà la via,
ma presto i dì verranno che papa, re e signori
coi birri lor cadranno per man dei malfattori.

Divise hanno con frodi città, popoli e terre,
da ciò gl’ingiusti odi che generan le guerre;
noi che seguendo il vero gridiamo a tutti i cori
che patria è il mondo intero, ci chiaman malfattori.

Allor vedremo sorgere il sol dell’avvenir,
in pace potrem vivere e in libertà gioir."

lunedì 13 luglio 2020

NOI SIAMO OLTRE !!


Addio, Lugano bella,
O dolce terra pia,
Scacciati senza colpa
Gli anarchici van via
E partono cantando
Colla speranza in cor,
E partono cantando
Colla speranza in cor.
Ed è per voi sfruttati,
Per voi lavoratori,
Che siamo ammanettati
Al par dei malfattori;
Eppur la nostra idea è solo idea d'amor,
Eppur la nostra idea è solo idea d'amor.
Anonimi compagni, amici che restate,
Le verità sociali da forti propagate:
E questa è la vendetta. che noi vi domandiam,
E questa è la vendetta che noi vi domandiam.
Ma tu che ci discacci con una vil menzogna,
Repubblica borghese, un dì ne avrai vergogna
Ed ora t'accusiamo in faccia all'avvenir,
Ed ora t'accusiamo in faccia all'avvenir.
Scacciati senza tregua,
Andrem di terra in terra a predicar la pace
Ed a bandir la guerra: la pace tra gli oppressi,
La guerra agli oppressor, la pace tra gli oppressi,
La guerra agli oppressor.
Elvezia, il tuo governo schiavo d'altrui si rende,
Di un popolo gagliardo le tradizioni offende
E insulta la leggenda del tuo Guglielmo Tell,
E insulta la leggenda del tuo Guglielmo Tell.
Addio, cari compagni, amici luganesi, addio,
Bianche di neve montagne ticinesi,
I cavalieri erranti son trascinati al nord,
E partono cantando con la speranza in cor.
Addio, Lugano bella, o dolce terra mia,
Scacciati senza colpa
Gli anarchici van via
E partono cantando colla speranza in cor,
E partono cantando colla speranza in cor.
Ed è per voi sfruttati, per voi lavoratori,
Che siamo ammanettati al par dei malfattori;
Eppur la nostra idea non è che idea d'amor,
Eppur la nostra idea non è che idea d'amor.
Anonimi compagni, amici che restate,
Le verità sociali da forti propagate:
è questa la vendetta. che noi vi domandiam,
è questa la vendetta che noi vi domandiam.
Ma tu che ci discacci con una vil menzogna,
Repubblica borghese, un dì ne avrai vergogna
Ed oggi t'accusiamo di fronte all'avvenir,
Ed oggi t'accusiamo di fronte all'avvenir.
Banditi senza tregua, andrem di terra in terra
A predicar la pace ed a bandir la guerra:
La pace tra gli oppressi, la guerra agli oppressor,
La pace tra gli oppressi, la guerra agli oppressor.
Elvezia, il tuo governo schiavo d'altrui si rende,
Di un popolo gagliardo le tradizioni offende
E insulta la leggenda del tuo Guglielmo Tell,
E insulta la leggenda del tuo Guglielmo Tell.
Addio, cari compagni, amici luganesi, addio,
Bianche di neve montagne ticinesi,
I cavalieri erranti son trascinati al nord,
I cavalieri erranti son trascinati al nord.

LA TESTA DEL SERPENTE!!


CAPITOLO 2° --  K A H A L
IL GRAN SINEDRIO MONDIALE : LA TESTA DEL SERPENTE

Una delle prime manifestazioni pubbliche nelle quali i rappresentanti del Gran Sinedrio Ebraico Mondiale esposero le proprie volontà avvenne in occasione di una diatriba di tipo religioso nella Francia dominata dall’astro nascente del Genio Militare e Politico di Napoleone Bonaparte, il generale corso che le Logge Massoniche promossero al grado di Imperatore dei destini e dell’espansione della triade rivoluzionaria ‘Libertè, Egalitè, Fraternitè’.
Grazie ai moti rivoluzionari del 1789, patrocinati dalla casta usuraia ebraica e elaborati al chiuso delle Logge, la Francia aveva concesso gli stessi diritti civili e politici alla minoranza ebraica, equiparandoli al rango di cittadini della repubblica e aprendo loro la strada del potere in tutti i settori della vita politica, economica e sociale del paese.
Le alterne fortune del ‘piccolo imperatore’, segnate drammaticamente dalla tragica campagna militare di Russia e dal tracollo subito a Waterloo, indussero l’oligarchia sionista a spostare la loro base permanente nella ben più solida Gran Bretagna, continuando a lavorare in gran segreto ai propri fini di dominio planetario e servendo diligentemente le mire espansionistiche dell’imperialismo britannico.
La Gran Bretagna trarrà grandi benefici dall’alleanza temporanea con il Sionismo Mondiale, arrivando a costruire il più vasto impero marittimo della storia ed estendendo il suo potere dal Canada all’Africa del Sud fino all’India ed in estremo Oriente in Australia e Nuova Zelanda.
La sconfitta britannica nel continente nord-americano, la costruzione di una ‘New England’ oltre-oceano, con la nascita degli Stati Uniti d’America rigidamente ‘W.a.s.p.’ (White Anglo-Saxon-Protestant) cioè di una nazione fondata sui miti del Vecchio Testamento e della Bibbia protestante, autentica ‘terra promessa’ di protestanti e anglicani, spinse il Gran Sinedrio a spostare la sua sede direttiva a New York ed a ‘puntare’ le sue carte sull’emergente potenza statunitense.
All’inizio del XX° secolo la potenza finanziaria statunitense aveva sicuramente raggiunto e superato quella britannica, mentre le prime multinazionali americane iniziavano i primi assalti ai mercati mondiali fino ad allora monopolizzati dagli stati europei.
Lungo le coordinate della strategia espansionistica planetaria statunitense, le compagnie e le multinazionali sioniste incominciarono a sostituire nei centri nevralgici del pianeta le loro ‘colleghe’ europee dando inizio ad una silenziosa guerra inter-capitalistica vittoriosamente conclusasi nell’estate del 1944 con gli accordi di Bretton Wood che sancirono il definitivo tramonto della potenza britannica e di quella europea e l’affermazione degli Stati Uniti a potenza mondiale.
La costituzione di un insieme di strumenti idonei all’edificazione di un Governo Unico ( si pensi alle Nazioni Unite parodia mondialista di un’assise parlamentare ) unitamente alla specifica volontà di dominio manifestata dai diversi organismi sionisti sparsi nel mondo confermano ‘a contraris’ l’esistenza di un piano di dominio e di un establishment occulto che ne dirige le strategie e ne pianifica le operazioni.
Il controllo che le organizzazioni sioniste hanno praticamente sulla maggioranza degli organi d’informazione in Occidente appare quindi solamente come una conseguenza naturale di un processo di ‘sionistizzazione’ delle coscienze, di ebraicizzazione della società.
Questo processo, lento ma inesorabile, ha dato i suoi frutti avvelenati se lo stesso Karl Marx poteva farci notare :
‘L’ebreo si è emancipato … in quanto il denaro per mezzo di lui e senza di lui è diventato una potenza mondiale, e lo spirito pratico dell’ebreo (è diventato) lo spirito pratico dei popoli cristiani.
Gli ebrei si sono emancipati nella misura in cui i cristiani sono diventati ebrei.’ (1°)
L’incondizionato assenso alla politica genocida dello stato d’ Israele contro il popolo palestinese, l’inviolabilità del dogma dell’olocausto dei ‘sei milioni di ebrei’ vittime dei nazisti e l’impossibilità di storici e studiosi di dimostrare il contrario con approcci tecnici e scientifici e non ideologici, sono tutti tasselli di un identico puzzle alla cui soluzione si potrà pervenire solamente smascherando la ‘testa’ del serpente sionista : il Gran Sinedrio Mondiale, il ‘Kahal’ massimo.
‘Che il popolo eletto d’Israele sia controllato da un suo vero potere centrale, non può mettersi in dubbio da quanti hanno potuto osservare come in certi momenti, tutta la stampa ebraica o ebraizzata, tutti gli oratori politici ebrei o simpatizzanti, abbiano istantaneamente lo stesso motto d’origine e lo stesso contegno di fronte a una data questione che interessa Israele. (Per esempio la questione cardine del piano Kalergi, ovvero obbligare gli €uropei a tenersi in casa decine di milioni di clandestini islamici chiamati impropriamente "profughi")

Tale potere è il Kahal (dal nome ebraico Khl=potere) mentre il governo regionale o locale si chiama Kehillah (Khll).
L’origine del Kahal rimonta all’epoca della Dispersione ebraica al tempo di Vespasiano (grande uomo), quando cadde l’ultimo vestigio del potere sacerdotale farisaico del Tempio di Gerusalemme.’ (2°)
Il banchiere giudeo aschenazi James Paul Warburg , fra i massimi rappresentanti del Sionismo Internazionale, dichiarò pubblicamente mire ed obiettivi dell’oligarchia ebraica, minacciando dinnanzi al senato degli Stati Uniti allibiti e sconcertati deputati, con una frase che appare più un monito che una semplice previsione : ‘Avremo presto un Governo Mondiale, che vi piaccia o meno.’
Sull’ instaurazione di un Governo Mondiale Ebraico abbiamo molte fonti che ci potranno essere di aiuto, a cominciare dalla stessa Bibbia, laddove Dio stipula un chiaro patto con il suo ‘popolo eletto’ assicurandogli gloria e dominio sulle altre nazioni.

Lo stesso volume dei ‘Protocolli dei Savi Anziani di Sion’ altro non sarebbe che un documento interno del Gran Sinedrio contenente la strategie sovversive per l’instaurazione di un Governo Unico a guida sionista.
Nell’introduzione all’edizione in lingua russa, apparsa per la prima volta a Mosca nel 1902, il pope Sergeji Nilus descriveva in maniera alquanto realistica la metafora del ‘percorso simbolico’ del Serpente Sionista alla conquista del dominio planetario. ‘Le varie tappe della marcia del serpente distruttore, da lui indicate, sono in buona parte vere, ma da riportarsi ad un inquadramento assai più vasto e oggettivo: caduta dell’antica Ellade dorico-sacrale ed avvento di quella umanistica, degenerescenza dell’Impero romano, degenerescenza assolutistica del Sacro Romano Impero (Carlo V°) e Riforma, preparazione della Rivoluzione francese (illuminismo,razionalismo, assolutismo), azione antitradizionale sull’Inghilterra mercantilizzata, attacco contro l’Austria ed azione segreta in seno alla Germania, previsione del bolscevismo, punto d’arrivo del serpente.’ 3°).
E’ qui opportuno ricordare che un altro eminente rappresentante dell’establishment sionista, l’ebreo tedesco Walther Rathenau, proprietario della società industriale AEG e, successivamente,
primo ministro del governo della Repubblica di Weimar, nel suo libro ‘Critica dell’Epoca’ espose chiaramente l’esistenza di un'oligarchia di ‘circa trecento uomini’ che reggevano le sorti dell’ economia internazionale decidendo i destini del continente.
Rathenau non arrivò ne a dare ulteriori spiegazioni riguardo questa oscura ammissione circa un
establishment occulto, ne riuscì a salvare la Germania dal collasso economico e dall’umiliante diktat che i franco-britannici imposero a Versailles.
Anzi Rathenau fu proprio colui che, in occasione dei trattati di Versailles, parve adoprarsi maggiormente per la svendita completa della Germania, per la sua umiliazione e la sua disintegrazione, lavorando di concerto con gli altri giudei presenti in massa nelle delegazioni ‘alleate’ affamate di territori, riparazioni economiche astronomiche e assetate di vendetta e rivalsa sulla pure invitta sul campo nazionale

domenica 12 luglio 2020

IL TESTAMENTO SPIRITUALE DI NICCOLÒ GIANI (1941)

"Non cercate altrove, guardate al Fascismo, imparate a conoscerlo e lo amerete, studiatelo e diventerà la vostra idea.
Né per voi sarà mai una catena ma un vincolo d’amore verso una creazione più grande dell’umanità.
Esso sarà per voi e per tutti l’alba di un nuovo giorno."

(NICCOLO' GIANI)


Il testamento spirituale di Niccolò Giani (1941)
Lettera al figlio Romolo Vittorio, marzo 1941

LEGGETELO E LEGGETELO MOLTO BENE!!

Figlio, un giorno tu leggerai queste righe, che la mia destra, orgogliosamente ferma e decisa, ora verga al lume di una lanterna da campo, mentre sopra la testa, dal cielo le stelle ricamano fosforescenze piene di mistero, Iddio mi guarda, e, intorno a me, i 675 fratelli del battaglione vegliano in armi.

Allora saranno passati degli anni, molti, forse troppi e sulla cronaca di ferro di questo XIV anno del Fascismo, il tempo avrà smussato gli angoli e stesa la sua patina ammorbidente. Ma appunto per questo io scrivo e tu leggerai: per ricordare e non dimenticare.

Intorno alla tua culla oggi c'è fragor d'armi. 52 stati imperiali – e ricordare sempre i nomi – cercano di mettere in ginocchio la Patria di tuo padre, la tua Patria, questa divina Italia che anche tu imparerai ad adorare. Sono nomi di nemici, sono nomi di amici di ieri, sono nomi gloriosi e prestanti: è il mondo intero, che, coalizzato, tenta il grande delitto. Ma è vana rivolta di schiavi, è l'ultimo anelito dell'ieri, è l'estrema speranza del passato che cerca di fermare il domani; invano, invano, chè la Storia, nel Genio e pel Genio dell'Uomo vincerà e tu sarai cittadino dell'Impero. È quella Roma che i nostri nonni hanno fatto regale, che i nostri padri hanno incoronato della Vittoria; tu la conoscerai imperiale. Ma se sui colli fatali tu rivedrai il segno d'Augusto, ricordati, ricordale sempre, solo perché una grande Vittoria, una profonda Rivoluzione, un invincibile Capo hanno segnato nel tempo le tappe della trionfale rinascita.

Tu non conoscerai fazioni, non partiti. Non vedrai nemici entro i confini sacri della Patria. Solo conoscerai un nome: Italia, una sola cosa amerai: Italia, e per essa solo dovrai essere capace di tutto lasciare, tutto perdere, tutto dimenticare. Di essere odiato e vilipeso, umiliato e straziato: solo, solo per questa Italia dovrai saper morire col corpo e coll'anima. E mai, mai dovrai dimenticare che, per questo sacro nome, madri hanno salutato col sorriso i figli che andavano a morire, mariti hanno abbandonato in fiera letizia le giovani spose, padri hanno orgogliosi baciato per l'ultima volta i loro bimbi. Che per questa Italia si sono fatti di sangue i fiumi, le montagne hanno tremato, i morti sono usciti dalla terra. E che per essa io oggi non ti conosco e potrei non conoscerti mai: ma se così fosse tu amala anche per me, sacrificati anche per me, muori anche per me. E ricordati che, solo quando vedrai cadere il tuo amico più caro, quello che ti è spiritualmente fratello, e tu troverai soltanto il tempo di chinarti e baciarlo, e dalla tua bocca non uscirà una sola parola di rabbia e nel tuo cervello non affiorerà un solo pensiero di imprecazione, ma tu vorrai solo andare avanti per cogliere la vittoria e così facendo sarai certo di vendicare l'amico caduto, allora, appena sarai certo di averla imparata a conoscere, sarai certo di amarla, la tua Patria.

Figlio, la Patria ti sia sempre sopra la famiglia, ma nei loro ideali vivi e agisci: non vi troverai mai contrasto, come ha scritto una letteratura decadente e morta, ma, sempre, santa, necessaria integrazione. Solo così facendo sarai degno di questo italo popolo dalle mille vite che oggi, in cachi e in tuta, in Africa e in Europa, combatte per la causa della Giustizia e della Civiltà, per la causa dell'Impero della "pax romana".

Quando sarai adulto, alla mutilata corona che vedrai sul capo della tua Patria, ti sarà facile riconoscere le gemme di cui il volger del tempo e l'ignavia degli uomini l'han fatta priva.

Riconoscerai la culla dei tuoi avi, quella sacra terra di Dalmazia dove ogni sasso impreca al tradimento e dove ogni pina sale al cielo come una preghiera a Dio per il ritorno della Madre. Riconoscerai Corsica e Malta, Ticino e Grigioni. Ritroverai le gemme perdute di quest'Africa, dove ora s'è accesa la grande favilla della nostalgia, e di quell'Asia che già vide i miracoli dei grandi figli di Roma. Riconoscerai tutte, tutte le gemme che a lei devono ritornare, e tu vedrai restituirgliene chè ad una ad una ritorneranno e tu insegnerai a tuo figlio le mancanti perché non una sola, fra cento, fra mille anni, le manchi.

Mentre l'Impero di Roma ricondurrà il Sole nei cieli del mondo, tu vedrai decadere nazioni, disfarsi stati, distruggersi idoli e illusioni: mentre vedrai finire di morire un mondo, nella certezza del credere, dell'obbedire, del combattere, assisterai alla rinascita del mondo della Giustizia, dell'autorità, dell'ordine, perché nel meriggio delle albe già nate rifulga la civiltà dei fasci.

Un felice destino ti ha fatto nascere in questo XIV anno dei fasci che vede la vendetta di Adua e il trionfo del risorto genio di Roma: che tu, in vita, non conosca che la fuga obbrobriosa del nemico, così come oggi noi l'abbiamo vista: che il tuo cuore non apprenda che l'inesorabile giustizia di Roma per cui illividiscono al brivido della notte i quattro traditori che pendolano a 50 metri da qui; e che i tuoi occhi non vedano che grandezza e potenza, Gloria e Vittoria.

Figlio, nel nome che porti c'è l'auspicio del tuo tempo e della tua generazione: l'Africa dovrà essere il tuo segno e la tua via. Il tuo destino e il tuo dovere, dovrà essere la speranza e il tuo diritto.

Ora cresci: la Camicia Nera, e la divisa cachi che tua madre ti ha fatto trovare nella culla ti dovranno essere compagne di tutta la vita. Sappile portare con amore e con fierezza.

NICCOLÒ GIANI

venerdì 10 luglio 2020

ADESSO LO "STRAPPO" LO DIAMO NOI !!


L'Italia liberata, venduta agli americani
L'Italia delle foibe e altre cose infami
L'Italia dei compagni, della magistratura
L'Italia antifascista, ma schiava dell'usura
L'Italia delle stragi e dei misteri irrisolti
L'Italia dei servizi e altri affari sporchi
L'Italia dei mafiosi collusi e pentiti
L'Italia degli abusi, attento a ciò che dici!

L'Italia pizzeria, bordello degli americani
L'Italia ormai invasa da orde musulmane
L'Italia della chiesa che riempie le sue casse
L'Italia degli sprechi, l'Italia delle tasse
L'Italia delle carte, l'Italia delle banche
L'Italia del "Grande fratello" e tutte le sue stanze
L'Italia dei precari e della pay TV
L'Italia baby gang e cellulari blu!

L'Italia dei missini filoatlantisti
L'Italia dei borghesi che giocano ai fascisti
L'Italia dei valori, l'Italia di "Amici"
L'Italia tette e culi, veline e meretrici
L'Italia spazzatura, termoinceneritori
L'Italia spintarella per un posto da dottori
Il ritorno del fascismo ormai è cosa vana
Comunque grazie e vaffanculo, Repubblica Italiana!

Dov'è la libertà? È questa la vostra democrazia?
Non la vogliamo la vostra carità, ci avete venduto
Avete venduto la nostra terra e saranno i nostri figli a pagare
Grazie e vaffanculo!

mercoledì 8 luglio 2020

L'INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL'ESSERE

 
AUDIOLIBRO

Nell' Insostenibile leggerezza dell'essere, lo scrittore ceco Milan Kundera dice qualcosa sulla natura della bontà umana, che consideriamo degno di essere tenuto a mente in un percorso etico di vita: "La vera bontà dell'uomo si può manifestare in tutta purezza e libertà  solo nei confronti di chi non rappresenta alcuna forza. Il vero esame morale dell'umanità, l'esame fondamentale (posto così in profondità da sfuggire al nostro sguardo), è il suo rapporto con coloro che sono alla sua mercé: gli animali. E qui sta il fondamentale fallimento dell'uomo, tanto fondamentale che da esso derivano tutti gli altri."


IL CUORE NEL POZZO ... ALTRA "SCOMODA" VERITÀ !!

La fiction venne trasmessa in Italia su Rai 1 il 6 ed il 7 febbraio 2005 in due puntate.  Era la prima volta che la TV di stato ...